LA VISIONE STRATEGICA DI CLEMENTE V DAL 1306 AL 1310

Solitamente, Clemente V, viene presentato come un leguleio, gaudente e di ristretta mentalità che assurse al Trono di Pietro solamente grazie all’interessato aiuto di Filippo il Falsario per essere semplice strumento di appagamento delle ambizioni di quest’ultimo.- Chi ha seguito i nostri interventi, sia in questo sito sia in altri e diversi momenti espressivi, avrà sicuramente notato l’esecrazione, tutt’ora viva e vibrante di sdegno, per il comportamento che Clemente V operò nel corso del “Processo” contro i Cavalieri Templari.- Dobbiamo, però, essere coerenti con la nostra qualità di storici e studiosi che ci fa discernere, e vergogna se così non fosse, sia quelle che in giudizio si definiscono “prove sfavorevoli” sia quelle “a favore” dell’imputato, più o meno illustre ed amato, che facciamo virtualmente sedere sul banco degli accusati.-

Affermiamo, pertanto, a gran voce che Clemente V, nel quinquennio che va dal 1306 al 1310, fu un fine stratega che intessè una serie di azioni diplomatiche e, soprattutto, militari contro i Mussulmani che ebbero dei successi, sul campo, di rilevante spessore.- Già dai primi giorni del mese di gennaio del 1306, Clemente V iniziò una potente offensiva diplomatica indirizzando una decisa lettera apostolica sia ai Feudatari della Francia che a Filippo di Taranto ed a Federico di Trinacria affinché si impegnassero a mettere a disposizione truppe e risorse economiche a favore di Carlo d’Angiò che stava per intraprendere un’azione militare nei confronti prima di Michele Paleologo e, quindi, di suo figlio Andronico in quanto “…complice set fautores scismatico set ab unitate christinana Fidei deviantes…”- Sempre per sovvenzionare le attività dell’Angiò, provvide ad inviare a tutti i Vescovi incardinati nel sud della penisola italica un serie di note con le quali decideva di devolvere all’Angiò i proventi ecclesiastici e le decime del Regno Angioino di Napoli e della Sicilia per il biennio 1306/1307.- Dopo pochi mesi, attendendo il concretizzarsi della spedizione conto i Bizantini “scismatici e devianti”, provvide a pacificare la zona centrale del Mar Mediterraneo imponendo una “tregua d’armi” della durata di quattro anni tra Enrico II di Cipro e la Repubblica marinara di Genova, che si trovavano in contrasto per motivi commerciali legati alla sospensione del re cipriota di alcuni benefici mercantili già concessi negli scali dell’isola a quella Repubblica.-

Se ben guardiamo, la chiusura del “fronte” marittimo, più che per Genova, fu un guadagno per Enrico II che potè destinare tutte le sue risorse militari contro il fratello Amalrico che aveva iniziato un conflitto per il trono cipriota aiutato quest’ultimo, nella circostanza, dall’Ordine Templare.- Approfittando della libertà di azione conseguente alla sospensione della belligeranza tra Genova e Cipro, si inserì nell’area egea uno dei tanti avventurieri occidentali dell’epoca: l’Ammiraglio [noi lo definiremmo pirata] Vignolo dè Vignoli, genovese di nascita, che, dopo aver ottenuto dal Basileus Andronico l’affitto delle isole di Coo e di Lero, aveva iniziato una proficua campagna marittima, teoricamente sotto l’emblema della Santa Croce, nel Mediterraneo orientale con lo scopo dichiarato di “recuperare” alla Cristianità tutte le isole del Dodecanneso.- La faccenda, di per sé non certo degna di nota, considerata l’epoca ed i precedenti storici, ebbe uno sviluppo all’inizio imprevedibile in quanto il dè Vignoli arrivò al punto di concordare una “alleanza d’armi e di intenti” addirittura con il Maestro degli Ospitalieri, Folco di Villaret, che ne fece parte Papa Clemente V per ottenere la necessaria libertà d’azione.-

Il Papa, valutata la possibilità di aprire un interessante fronte anti mussulmano nell’area cruciale del Mediterraneo orientale, che avrebbe potuto avere ed in effetti poi ebbe, positive ripercussioni nelle operazioni verso la Terrasanta, il 29 luglio dello stesso anno, non solo benedì l’atipica alleanza, ma concesse agli Ospitalieri di armare navi senza nemmeno consultarsi con il Re di Cipro e con il Basileus di Bisanzio e di operare sia in acque cristiane che mussulmane concedendo, di fatto, una “Patente di Corsa” all’Ordine Ospitaliero e, di fatto, “all’alleato” dè Vignoli; vedremo più avanti quale fu l’esito della lungimirante azione Clementina.- Siamo giunti, intanto, al 1307, anno in cui, come noto, il Pontefice, anche per le missive diplomatiche che gli stavano giungendo sempre più pressanti da Filippo IV, volle sapere dagli Ordini monastico-militari, espulsi dalla Terrasanta a causa della caduta di San Giovanni d’Acri, quali azioni ritenessero di intraprendere per il futuro; ventilando l’idea di fonderli in un unico, nuovo Ordine ove far confluire tutte le risorse amministrative e militari.-

Il Maestro dei Templari, Jacques de Molay, rispose alla richiesta papale respingendo la possibilità della fusione a causa delle diverse caratteristiche di finalità di scopi dei due Ordini maggiori e per il fatto che “avrebbero potuto verificarsi dei problemi di incomprensione tra i Cavalieri degli Ordini, nel passato divisi da diversi punti di vista sulle azioni ed alleanze operate sul campo ” e propose a Clemente V di procedere con una incisiva campagna militare che avrebbe poi sfociato nella riconquista del Sepolcro. La campagna che il Maestro Templare suggeriva si basava su tre direttrici tattiche: dapprima una azione marittima da operare con una decina di galee che avrebbero operato il blocco navale del Mediterraneo orientale; quindi un esercito di invasione di dieci/quindicimila cavalieri e di quaranta/cinquantamila fanti oltre a un migliaio di cavalieri degli Ordini militari per un attacco nell’Egitto per poi procedere verso nord-est, esercito che doveva essere guidato da un comandante supremo al di sopra delle parti accompagnato da un Legato Papale, ed il cui trasporto sarebbe stato a carico delle Repubbliche marinare italiane che avrebbero anche dovuto assicurare la copertura militare marittima; un terzo fronte, poi, composto da un numero non definito di cavalieri e fanti, messi a disposizione dal Basileus di Bisanzio e dal Re d’Armenia, che avrebbe operato una massiccia operazione dal territorio armeno dapprima verso Damasco per poi scendere verso sud-ovest [il piano strategico, secondo noi, non teneva conto di alcuni fattori: 1- i Mussulmani, solo ad Acri, avevano messo in campo duecentocinquantamila tra fanti e cavalieri; 2- l’evacuazione di Chateau Pelerin, (la più potente piazzaforte dell’intera costa mediterranea della Terrasanta, per di più dotata di un buon porto) volontariamente abbandonata proprio dai Templari il 14 agosto 1291, tra l’altro nemmeno minacciata né dal mare né da terra dai mussulmani che già ne avevano sperimentato l’imprendibilità, aveva tolto l’unica possibilità di sbarco protetto per un esercito di invasione o di riconquista dell’area medio-orientale visto che l’intera costa, da Antiochia ad Alessandria d’Egitto, era in saldo possesso dei mussulmani i quali, nel frattempo, avevano sistematicamente distrutto o potentemente fortificato tutti gli scali marittimi della costa mediterranea; 2- come già dimostrato, sia nelle incursioni terrestri verso l’Egitto che nell’azione condotta da San Luigi, muoversi ed operare con profonde azioni militari sul territorio inondabile dell’ Egitto non si confaceva alle tecniche di guerra degli eserciti occidentali; 3- far svolgere una azione combinata da truppe bizantine ed armene senza che le eventuali conquiste territoriali non potessero disgregare e, potenzialmente, mettere in contrasto le due monarchie levantine era pura utopia politica; 4- costringere, senza uno stato di pericolo incombente come era accaduto nell’assedio di San Giovanni d’Acri, le Repubbliche marinare italiane ad unire le proprie forze militari e mercantili a titolo gratuito e senza una promessa, del tutto aleatoria nei fatti, di immediati riconoscimenti di sfere di interesse commerciali (che non avrebbero potuto nemmeno essere concessi considerato che non vi erano aree in mano alla Cristianità da assegnare in esenzione di dazi o con agevolazioni fiscali) era di fatto un’idea fondata sui sogni e non sulla realtà; 5- erano in corso le operazioni nella penisola iberica che stavano assorbendo forti concentramenti di truppe e di risorse finanziarie in cui era già invischiato l’Ordine Templare; 6- le truppe dell’Ordine Teutonico si stavano già spostando verso l’area nord orientale europea per sostenere l’opera di evangelizzazione forzata delle popolazioni della zona baltica].-

Ben più realistica e, soprattutto, prudente la risposta del Maestro degli Ospitalieri che non si sbilanciò più di tanto sull’eventualità di una fusione degli Ordini; rappresentò, ad ogni buon fine, che l’azione degli Ospitalieri non si era affatto interrotta con la caduta di San Giovanni d’Acri ma che, al contrario, era in atto una poderosa campagna navale e terrestre nelle isole del Mediterraneo orientale [come già sappiamo] e che tale azione avrebbe potuto concretizzarsi con un importante risultato nel breve termine [in effetti gli Ospitalieri avrebbero realizzato pochi mesi dopo la conquista di Rodi] e che, inoltre, l’operatività del proprio Ordine si stava trasformando da emintemente terrestre in navale e terrestre.- Il Maestro dei Teutonici non si pronunciò sulla fusione ma fece constatare a Clemente V che le risorse militari erano già in fase di avanzato ridispiegamento ai confini della Prussia orientale; che la flotta aveva già raggiunto il Mar Baltico e che la Casa madre dell’Ordine era stata già trasferita a Marienburg da Venezia, dove si trovava allorché le attività operative erano indirizzate verso la Terrasanta; lo stesso Maestro teutonico sottolineò che tutti i contingenti, a suo tempo già concessi in appoggio ai Re iberici, erano stati anche essi ritirati da quella zona di operazioni e trasferiti nell’area nord orientale europea.-

Clemente V, pragmatico, comprese e prese atto della situazione così come rappresentata dai tre Maestri e acconsentì al proseguimento delle attività degli Ospitalieri e dei Teutonici.-

Per quanto riguardava, invece, le idee del de Molay decise in modo diverso; ricordiamoci che l’Ordine Templare aveva come suo Capo supremo proprio il Papa di Roma.-

La prima mossa di Clemente V fu quella di convocare dinanzi a sé, nel concilio di Vienne del 1308, il de Molay congiuntamente ai comandanti militari Templari che operavano nell’isola di Cipro e che stavano incidendo sul problema dinastico che aveva messo, l’uno contro l’altro, il Re di Cipro Enrico II ed il fratello Amalrico: la convocazione ebbe per effetto indiretto la sospensione delle attività militari su quell’isola.- La seconda mossa, di altissimo impatto strategico, fu quella di disporre il pressoché completo trasferimento delle truppe dell’Ordine Templare dalle basi delle lingue scozzesi, britanniche, francesi ed italiche verso i castelli iberici per concorrere alle attività della crociata contro i Mori di Spagna.-

E’ importante sottolineare che, poco tempo prima, il Papa aveva ordinato al Visitatore di Francia Ugo di Peraud, senza alcun contrasto da parte del Maestro del Tempio [!!!], il versamento di ben duemila marchi d’oro del tesoro templare di Francia nelle casse dei banchieri fiorentini Tommaso e Vanni Mozzi per le necessità delle attività di guerra contro i Mori.-

Da notare che le attività della “reconquista” da parte dei Re di Castiglia e di Aragona, pur se concretizzatesi con l’arretramento della sfera di invadenza moresca al solo califfato di Granada avevano comunque dovuto contenere ed affrontare in modo continuativo le azioni di guerriglia delle popolazioni di discendenza araba convertite forzatamente al cristianesimo [i così detti Moriscos] che rappresentavano un problema permanente di stabilità in quanto sovvenzionate ed alimentate nascostamente dai Califfi del regno granadino.-

Clemente V decise perciò di provare ad eliminare l’ultima sacca di resistenza mussulmana nell’Europa occidentale [le operazioni termineranno dopo quasi 190 anni, nel 1492, con la conquista di Granada] operando su due direttrici strategiche “…ad exstirpandam de regno Granate fetidam nationem ”: 1- mise il Regno di Castiglia sotto la protezione di San Pietro e degli Apostoli disponendo che la raccolta delle decime venisse devoluta al Re così come già disposto per le decime raccolte nel Regno di Aragona; 2- autorizzò l’alleanza tra Fernando IV di Castiglia e Giacomo II di Aragona con l’Emiro di Fez ad Alcalà de Henares facendo, quindi, aprire un secondo fronte marittimo e terrestre nel nord-ovest della spina africana con conseguente occupazione di Almeria, Ceuta ed Algesiras e, soprattutto, con la conquista della Rocca di Gibilterra, che sarebbe rimasta in mani cristiane fino al 1333.-

Grazie a tale particolare alleanza vi fu il blocco delle attività militari navali dello Stretto di Gibilterra, circondato su entrambe le sponde, per cui le truppe cristiane poterono occupare stabilmente le isole Canarie e rifornire gli avamposti balearici retti da Ferdinando re di Maiorca: in pratica i rifornimenti del Regno di Granada vennero bloccati sia sulla sponda atlantica, con il conseguente blocco di Cadice e della foce del Guadalquivir, sia delle rive mediterranee chiuse dalla cerniera che partiva da Gibilterra e che veniva chiusa dalle Baleari. In poche parole, i Califfi del Regno di Granada furono chiusi nell’area protetta dal Guadalquivir fino al Mediterraneo ed impossibilitati a ricevere quelle risorse aggiuntive che avevano permesso loro di alimentare l’endemica rivolta dei Moriscos.-

Ma Clemente V non si fermò qui.- Il Papa seguiva, oltre ai fronti iberici e della Terrasanta, anche un’altra area di cruciale importanza nella lotta contro i mussulmani: l’area orientale “Caspica” dove operavano da alcuni anni le truppe, o meglio le Orde, Mongole.- Inviò, quindi, un proprio Legato apostolico presso i capi Mongoli chiedendo loro di cessare l’offensiva in corso verso l’Armenia [era morto in uno dei combattimenti, tra l’altro, proprio il Re d’Armenia, Hetoum] ricordando gli accordi secondo i quali il “…Rex Tartarorum qui promisit subsidia contra Saracenos…” e che i latini stavano per operare l’apertura del fronte mediterraneo contro il comune nemico [ci sembra una affermazione leggermente imprecisa da parte del Legato pontificio in quanto, in qualità di rappresentante del Papa, doveva ben conoscere la realtà delle situazioni della cristianità!]: l’esito, comunque, fu quello di far interrompere le operazioni contro l’Armenia per cui fu un ulteriore, indubbio successo di Clemente V.-

L’offensiva diplomatica verso oriente non si arrestò in quanto il Papa intervenne anche nella politica delle alleanze per matrimonio che la casata degli Angiò stava effettuando in Levante nell’ottica delle operazioni contro il Basileus bizantino [vedi la prima parte di questo saggio]. Favorì quindi l’unione matrimoniale tra Caterina, figlia di Carlo d’Angiò, con Filippo di Taranto, Principe di Acaia [ricordiamo che Caterina di Villeardouin, discendente diretta del Conte di Villearduin, primo Principe di Acaia all’epoca della quarta Crociata, era andata in sposa nel 1297 a Filippo di Savoia e che, nel 1307, aveva rinunciato al proprio titolo a favore della casata degli Angiò in “compensazione” di possedimenti ceduti dagli Angiò ai Savoia].-

Nel quadro di questa attività a favore della casata angioina, Clemente V provvide a neutralizzare una potenziale “spina nel fianco” della eventuale azione dell’Angiò contro il Basileus nella stessa area balcanica, riuscendo ad ottenere non solo il matrimonio tra l’altro figlio dell’Angiò, Carlo il Giovane, con Zariza, figlia di Urosh, Re di Serbia [tradizionale alleato storico del Basileus], ma addirittura contribuendo alla stipulazione di una trattato di alleanza, il 27 marzo 1308, tra lo stesso Urosh e Carlo d’Angiò che prevedeva il futuro intervento dei Serbi contro i Bizantini fissando l’acquisizione, da parte della Serbia, dell’Albania e di parte della Macedonia [ ove volessimo, potremmo trovare in questo trattato l’origine storica dei problemi balcanici che si protraggono, con lutti e distruzioni, negli ultimi 90 anni della nostra epoca ].- Assicurate le attività militari e diplomatiche “esterne”, Bertrand de Got potè dedicarsi ad eliminare le “devianze” interne all’Europa cristiana: il problema rappresentato dagli “Apostolici” nel nord della penisola italica.-

Considerati i fronti già attivi: Penisola Iberica, Armenia, Egeo orientale, Africa nord-occidentale, Europa nord-orientale, area balcanica; il Pontefice si ritrovò alle prese con un problema di devianza canonica fin troppo vicino, geograficamente parlando, alla sede papale e, per di più a cavallo delle vie Romea e Francigena.-

Impossibilitato a far intervenire sia l’Ordine Teutonico, già attivo militarmente nella zona nord-orientale europea, e quello Ospitaliero, severamente impegnato nell’Egeo orientale, chiese al Maestro dei Templari, Jacques de Molay, di raggruppare le sue truppe residue di stanza nelle Commanderie e nelle Precettorie italiche, danubiane e provenzali facendole concentrare nell’area del biellese e della Valsesia ove insisteva la massiva attività degli Apostolici.-

Il Maestro Templare, pur trovandosi già in quello che si potrebbe definire “l’occhio del ciclone”, che aveva avuto respinti in toto i suoi farneticanti progetti di riconquista della Terra Santa e che aveva dovuto, inoltre, subire gli ordini riguardanti il versamento dei fondi del tesoro templare ai banchieri fiorentini, ordine che lo aveva bellamente scavalcato nonostante le disposizioni normative della Regola Templare, rispose al Papa nello stesso modo del suo predecessore al tempo della “Crociata” contro i Catari: cioè che la Regola Templare proibiva ai Cavalieri dell’Ordine di impugnare le armi e combattere contro dei Cristiani!-

Possiamo immaginare quanto possa aver fatto felice, la risposta del Maestro dei Templari, Clemente V che aveva appena convocato i vertici dell’Ordine per contestare loro le iniziative fratricide di Cipro e che certamente ben conosceva le migliaia di scaramucce consumate tra Templari e Ospitalieri, tra Templari e Teutonici, tra Templari e Cavalieri del Santo Sepolcro e altre che la Storia non ci ha tramandato!- Fu così che Clemente V si vide costretto a rivolgersi all’unico sovrano europeo rimasto libero, se così si può dire, da grosse attività militari ovvero Filippo IV [per la verità anche il piccolo Re dell’Ile de France aveva le sue guerricciole in corso ma in quel momento storico le attività nelle Fiandre stavano attraversando un momento di tregua].-

Filippo, che stava leccandosi le ferite politiche derivate sia dai suoi problemi economici che dai suoi precedenti contrasti con Papa Bonifacio VIII, da buon opportunista colse l’occasione per operare a favore del Papa “…contra demon pestifer, filius Belial, horrendissimus heresiarcha Dolcinus…” ed inviò un robusto contingente militare che sconfisse facilmente le raccogliticce soldataglie territoriali schierate dagli Apostolici e fiancheggiate da minuscoli contingenti professionali guidati da piccoli nobili come i Conti di Biandrate, che agirono di mala voglia e memori dei fatti accaduti a Carcassonne ed Albi.-

L’11 agosto del 1310, Clemente potè rivolgersi, vincitore, alle truppe “crociate” di Filippo IV che avevano trionfato sull’Eresiarca, che “… cum pluribus mille suis secutoribus, fuit in summis alpibus captus, ac cum omnibus sequacibus ferro seu igne consumptus…”: in effetti si andavano raffreddando in quelle ore le ceneri dei roghi dove si erano consumate le idee ed i corpi di Dolcino e dei suoi seguaci, già facenti parte dell’Ordine Francescano, catturati sul campo di battaglia!-

Di lì a poco, il Pontefice, vista l’origine dei dolciniani, avrebbe emanato la Bolla “Dudum ad apostolatus” con la quale avrebbe disposto una indagine conoscitiva sulle attività e la mistica dell’Ordine Francescano che ebbe, fortunatamente per i seguaci del Fraticello, esito negativo.- Concludiamo queste riflessioni con DUE quesiti che ci sono sorti analizzando la capacità organizzativa e strategica di Clemente V e che hanno fatto brillare questo discusso Pontefice come uno dei più lungimiranti e pragmatici tra coloro i quali hanno occupato il Soglio di Pietro:

1- SIAMO ANCORA CERTI CHE IL PROMOTORE DELLA FINE DELL’ORDINE TEMPLARE ABBIA COME RESPONSABILE FILIPPO IV DI FRANCIA?;

2- VISTE LE CAPACITA’ ED IL CORAGGIO DI CLEMENTE V, NON POTREBBE ESSERE STATO PROPRIO LUI A “CONVINCERE” IL RE DI FRANCIA ED I SUOI MINISTRI A SVILUPPARE QUELLA STRATEGIA, DI COSI’ ALTO PROFILO E SOTTIGLIEZZA PSICOLOGICA, CHE PORTO’ ALLA SOSPENSIONE DI UN ORDINE, GIUDICATO E CONDANNATO DAL PAPA STESSO, ORMAI COSI’ INUTILE E RIGIDO COME QUELLO TEMPLARE?-

Francamente sono domande inquietanti perché, ove si trovasse una risposta affermativa, magari tra i tanti documenti celati nell’Archivio Segreto Vaticano, la Storia della fine dell’Ordine Templare, compresa la verità circa l’olocausto di Jacques de Molay, andrebbe, inevitabilmente, riscritta completamente!-

G I O V E